Spesso le persone con diabete valutano la glicemia a digiuno o pre-prandiale e trascurano quella post-prandiale altrettanto pericolosa per la salute.

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La glicemia post-prandiale è un valore numerico che indica quanto glucosio è presente nel sangue dopo due ore dal termine di un pasto.

A distanza di 60-120 minuti dalla conclusione di un pasto sostanzioso, che sia colazione, pranzo o cena, i livelli glicemici fanno registrare i picchi massimi della giornata. Tale fenomeno, assolutamente normale entro certi limiti, è legato all’entrata in circolo del glucosio derivante dalla digestione degli alimenti glucidici ed assorbito a livello intestinale.

La glicemia postprandiale viene controllata dall’insulina secreta dal pancreas, allo scopo di favorire l’entrata del glucosio nelle cellule, che lo utilizzano a fini energetici o lo trasformano, soprattutto a livello epatico, in riserva metabolica sotto forma di glicogeno.

Così, nelle persone sane, i livelli glicemici postprandiali salgono raramente oltre i 140 mg/dl , per poi ritornare ai livelli basali entro 3-5 ore dall’ingestione del cibo.

Nelle persone con diabete manifesto o in uno stato di ridotta tolleranza al glucosio, il meccanismo appena descritto non funziona correttamente. Di conseguenza, la glicemia postprandiale sale oltre i livelli considerati normali, sconfinando nel patologico.

PERCHE’ E’ DA EVITARE

Col passare del tempo, il ripetersi di fenomeni iperglicemici post-prandiali finisce col provocare danni a occhireninervi e vasi sanguigni.

In particolare, un’elevata glicemia post-prandiale è messa in relazione, sia nel diabete di tipo1 che di tipo 2, con lo sviluppo delle complicanze del diabete  tra cui ricordiamo la retinopatia, nefropatia, neuropatia e quelle cardiovascolari.

Fino a pochi anni fa la prevenzione di queste complicanze, e la terapia stessa del diabete, si era principalmente focalizzata sulla riduzione dei livelli di  emoglobina glicata e sul controllo del glucosio plasmatico a digiuno. Oggi, invece, il trattamento è rivolto anche alla riduzione delle escursioni glicemiche post-prandiali, considerate altrettanto importanti, se non addirittura più importanti, per il raggiungimento di un controllo glicemico ottimale e per la prevenzione delle complicanze micro e macrovascolari, responsabili, queste ultime, del netto aumento della mortalità per infarto miocardico ed ictus 

rispetto alla popolazione non diabetica.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce come normale tolleranza al glucosio valori glicemici inferiori a 140 mg/dl due ore dopo un carico orale di glucosio da 75 grammi. In queste linee guida, l’iperglicemia postprandiale è definita da livelli superiori a 140 mg/dl due ore dopo l’ingestione di cibo.

COME SI MISURA

L’iperglicemia post-prandiale inizia prima della comparsa del diabete di tipo 2, quando il paziente si trova ancora in uno stato pre-diabetico, definito di “alterata tolleranza al glucosio”.

La glicemia postprandiale viene generalmente misurata, nelle persone non diabetiche, durante il cosiddetto test da carico orale di glucosio (OGTT). In tutti i casi, questo parametro può essere misurato attraverso la rilevazione della glicemia due ore dopo l’inizio di un pasto completo preparato secondo le normali abitudini.

COME RIDURRE LA DI GLICEMIA POST-PRANDIALE

Gli interventi nutrizionali, l’attività fisica e il controllo del peso corporeo sono i capisaldi di una gestione efficace del diabete, anche in ottica preventiva lo scopo di questi interventi,  coadiuvati da terapie farmacologiche specifiche, è quello di raggiungere livelli glicemici ottimali, non solo a digiuno (<100 mg/dl) ma anche nella fase post-prandiale (< 140 mg/dl ).

Le diete a basso indice glicemico portano beneficio nel controllo del glucosio plasmatico post-prandiale. Queste strategie alimentari si basano sul consumo prevalente di alimenti ricchi di fibra quali verdurelegumi e frutta non eccessivamente zuccherina, sulla moderata assunzione  di alimenti ricchi di carboidrati complessi come pasta, riso,  pane e sulla restrizione degli zuccheri semplici come saccarosio, dolciumi, biscotti, marmellate, bevande zuccherate.

Nell’applicazione pratica dell’indice glicemico non va però dimenticato il concetto di “carico glicemico” dato dal prodotto tra la quantità  di  carboidrati della dieta e il suo indice glicemico medio. Occorre quindi puntare sia sulla scelta dei carboidrati a indice glicemico più basso, sia sulla moderazione quantitativa degli stessi.

Vari agenti farmacologici riducono in modo preferenziale il glucosio plasmatico post-prandiale. A questa categoria appartengono gli Inibitori dell’alfa-Glucosidasi (Acarbosio), le Glinidi (secretagoghi ad azione rapida dell’insulina) e naturalmente gli Analoghi dell’insulina ad azione rapida. Anche i nuovi farmaci antidiabetici come gli Agonisti del Glucagon-Like Peptide-1 [GLP-1] e gli Inibitori della Dipeptidil Peptidasi-4 [DPP-4] hanno mostrato di portare benefici significativi nel ridurre le escursioni glicemiche dopo i pasti. Tali terapie controllano la glicemia a digiuno e post-prandiale agendo sui deficit degli ormoni pancreatici e intestinali, che influiscono sulla secrezione di insulina e di glucagone, sulla sensazione di sazietà e sullo svuotamento gastrico.

LA GLICEMIA POSTPRANDIALE: UN PARAMETRO DA MISURARE
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